28/01/10

Il dramma dell’aborto interferisce anche col vissuto dei figli poi regolarmente nati

di C Bellieni
Cosa passa per la mente di una ragazza che viene a sapere che uno o più suoi fratelli concepiti con lei sono stati volontariamente eliminati? Possiamo solo immaginarlo, ma non possiamo disinteressarcene: un fatto così personale ed intimo non lascia indifferenti; e i recenti reportages secondo cui sono stati operati aborti selettivi per ridurre il numero dei feti al fine di diminuire i rischi ai sopravvissuti, generano serie preoccupazioni.
Esistono infatti in USA addirittura dei libri per aiutare i genitori a far accettare un aborto spontaneo ai fratellini già nati (per esempio “No Smile Cookies Today” di K Kennedy Tapp o “Molly’s Rosebush” di J. Cohn), proprio perché non è un passaggio facile, che anzi potrebbe essere sbagliato censurare. Immaginiamoci allora quando l’aborto non è spontaneo, come sottolineano nel 2006 Philip Ney e collaboratori dell’Università della British Columbia, parlando chiaramente di Sindrome del sopravvissuto all’aborto volontario, che mostra segni diversi da chi ha avuto fratelli morti per aborto spontaneo. Per questo è importante ricordarsi che il dramma dell’aborto non interessa solo le persone che direttamente lo subiscono, cioè il bimbo e la donna, ma può interferire anche col vissuto dei figli poi regolarmente nati.
Questo ci porta ad interrogarci sul beneficio per la salute che trae la donna che opta per un aborto selettivo; o su quello che ne trae il fratello che, dopo l’aborto, invece nasce. E a domandarci come si armonizzi la soppressione di un solo feto, per di più sano, con l’attuale normativa italiana, la legge 194.
La legge 194 è fatta esplicitamente per normare la “interruzione di gravidanza” e non “l’aborto”, parola che la legge non usa mai. Ora, nel caso della riduzione fetale, la gravidanza della donna non viene interrotta, pur venendo consumato un aborto. Ed è qui il punto: se la legge parla solo di depenalizzare l’interruzione di gravidanza (IVG), difficilmente può rientrare nel suo ambito un intervento che la gravidanza non interrompe, perché per “gravidanza interrotta” si intende che la donna non è più incinta. Chi ha scritto la legge si riferiva ad un fenomeno del tipo on/off, bianco/nero: la gravidanza o c’è o non c’è. Volevano dire che la gravidanza crea talora un rischio per la salute maggiore della non-gravidanza. Si può obiettare che chi ha voluto depenalizzare l’IVG in realtà voleva depenalizzare l’aborto; ma così non è stato, stando alla lettera della legge, tant’è vero che l’articolo 6 e 7 della legge impediscono l’aborto se il feto è vitale (non si può uccidere il feto in utero quando ormai è vitale, per farlo nascere morto e aggirare la legge).
Ma può la riduzione fetale esser utile alla salute di madre o dei gemelli, come richiederebbe la legge 194? Credo che si debbano considerare due punti. Primo, che l’aborto selettivo può portare a morte gli altri feti come effetto collaterale, come riporta ad esempio la rivista Prenatal Diagnosis del marzo 2002; e la salute psichica di una donna, magari pervenuta alla fecondazione in vitro, è più danneggiata da una possibile nascita di tre gemelli o da una possibile perdita di tutti e tre? Secondo, che l’aborto selettivo può avere delle ricadute sulla psiche dei bambini sopravvissuti, come ben spiega lo psichiatra francese Benoit Bayle che parla di rischio di Sindrome del Sopravvissuto: senso di onnipotenza misto a senso di colpa (v. “L’embryon sur le divan”, Ed. Masson): è un rischio accettabile per la salute psichica dei bimbi e, di riflesso, della madre?
Questo getta luce sul dettato della legge: un intervento sulla gravidanza che fa proseguire la stessa, ma riduce il numero dei feti semplicemente non è considerato dalla legge 194; il legislatore evidentemente non prendeva in considerazione una via di mezzo tra “gravidanza” e “non gravidanza”, forse perché è oltremodo arduo valutare lo squilibrio della bilancia tra rischio depressivo da nascita di tre gemelli e rischio depressivo da perdita di tutti e tre. E la legge 194 nel suo spirito vorrebbe garantire la miglior strada per la salute della donna. Questo dovrebbe essere tenuto presente per una riflessione su questa pratica.

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