28/01/10

“Abortirai con dolore!” viene sarcasticamente scritto

“Abortirai con dolore!” viene sarcasticamente scritto per contestare la decisione di mettere dei limiti all’uso della pillola RU 486,di cui si sta discutendo la commercializzazione in questi giorni. In realtà, almeno a sentire le donne che l’hanno usata, il dolore è maggiore se si usa la pillola abortiva piuttosto che se si abortisce chirurgicamente. Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista Health Technology Assessment, rivista incaricata proprio di valutare le qualità degli strumenti per la salute. In uno studio su 1877 donne, queste riferivano di aver provato più dolore del gruppo di donne che invece avevano abortito chirurgicamente. Non vogliamo tessere le lodi dell’aborto chirurgico, ma ci domandiamo allora che vantaggio abbiano le donne dall’introduzione di un metodo più doloroso. Lo studio conclude dicendo che la procedura dell’aborto farmacologico “è accettabile” per la maggioranza delle donne che hanno partecipato allo studio, ma meno dell’aborto chirurgico. Sempre sull’accettabilità tempo addietro uno studio sul British Journal of Obstetrics and Gynecology aveva mostrato che la percentuale di donne che ripeterebbe l’aborto con metodo farmacologico è minore (53%) di quella che, avendo abortito con metodo chirurgico se dovesse abortire di nuovo ripeterebbe l’azione con lo stesso metodo (77%). Ma se le donne l’accettano di meno, perché allora introdurlo? Certo, si può pensare che qualcuno voglia un aborto completamente fatto a casa, anche perché, soprattutto nei laici Paesi di Inghilterra e Francia, aumenta il numero di medici che non vuole prendere parte ad interruzioni di gravidanza. Ma la solitudine delle proprie mura domestiche ha davvero a che fare con la libertà? D’altronde non è un mistero che l’aborto sia un rischio per le donne: un altro recente studio pubblicato sul British Medical Journal del 2005 mostra che non è vero che far nascere il figlio “concepito in maniera non programmata e indesiderata” dia maggiori problemi depressivi che abortirlo. E questo dovrebbe far riflettere sulle motivazioni che portano alla depenalizzazione dell’aborto, normalmente basate su un supposto vantaggio per la salute della donna, dall’aver evitato la nascita del bambino. Ma se abortire non è un vantaggio psicologico, perché viene mostrato invece come un diritto? Non sarà che invece il vero diritto sarebbe quello di avere dalla società tutte le condizioni per vivere la propria maternità fino in fondo, anche quando è inattesa, e invece si ricevono solo scorciatoie che indicano una sola via d’uscita: comoda per tutti tranne forse che per le donne?

articoli di C Bellieni/Bellieni's papers.

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