di DREYFUS Libero 27.03.07
Vorremmo capire questo: dovrebbe bastarci il fatto che il bambino è stato ucciso secondo i regolamenti, che ciascuno ha fatto il proprio dovere? Il più bravo a eseguire il compito è stato il bambino: obbedientissimo. Infatti è morto. Non stiamo facendo gli spiritosi, è che non ne possiamo più di questo umanitarismo da becchini, ci è insopportabile questa logica da obitorio che ritiene l'aborto un diritto civile. E permette di fare un titolo così: «Sanità nella bufera per un aborto sbagliato».Perché l'aborto è sbagliato? Perché non è morto subito? Se aveva l'esofago leggermente difettato, allora non era sbagliato, nessuna bufera e almeno a Firenze non ci sarebbe neanche il problema di seppellirlo. È a Milano che la Regione Lombar- dia ha previsto per legge l'inumazione. Che orrore. Infatti si spazientisce «il primario della Mangiagalli: frigoriferi pieni» (Repubblica). Per intendersi: pieni di bambini fatti fuori come quello di Firenze. Come scrisse Martin Amis sull'Urss di Lenin e Stalin, il problema ad un certo punto non era se uccidere o no: ammazzare non dà problemi, ma poi dove mettere i morti? Non abbiamo l'ossessione dell'aborto. Neanche quella della "sacralità della vita". Ci importa questa vita precisa, che era stata destinata non solo alla sop- pressione ma all'oblio. Ora ci fanno sapere che il pupino ha un nome, ma è segreto. Sarebbe interessante saperlo per ricordarlo. Finché una creatura non ha nome è inesistente. Merita un ricordo. Qualche matto potrebbe persino pregarlo. Di certo è un martire, che in greco vuol dire testimone, e - secondo il cristianesimo - è «colui che versa la sua vita». Nessuno più di lui. Nessuno più di lui, ma lui come altri duecentomila che - maledizione - rischiano di riempirci i frigoriferi, e magari non è nemmeno possibile far sì che siano utili per la ricerca scientifica. Poveri bambinetti o feti o zigoti, come li chiama Pannella, non sono nessuno, «sono meno di un foruncolo», ma allora perché questi maledetti piangono, e si rigirano persino nelle acque materne quando la pinza li cerca? Siamo tutti soli
Ci piacerebbe sapere il nome. Non ci interessa il cognome. Nessuno vuole rincorrere quella madre infelice. Sappiamo bene che la sua situazione era difficile. In teoria siamo tutti fratelli, solidali, in marcia per la pace o contro le tasse, ma poi ciascuno è costretto a rincorrere i suoi guai in ascensione solitaria che poi diventa caduta libera. E quella donna lasciata sola, in compagnia di «procedure regolari» e «commissioni interaziendali» che fanno il loro dovere, ha schiacciato il bottone: non voglio vederlo, né saper nulla. Ma bisogna saperle le cose. Se fosse nato lei farebbe fatica, perché tirar grandi i bambini è dura, ma sarebbe meno sola, lui le cercherebbe il seno anche di notte. E spero che oggi sia il suo angioletto, sono ingenuo, candido e magari un po' folle, ma lo penso. Di certo però bisogna criminalizzare sì queste pratiche perfette a cui riesce solo di far fuori la speranza con la scusa dell'umanitarismo e della compassione per la donna. E smettiamola di restare in balia di quest'idea bestiale per cui un atto di violenza, com'è sempre l'aborto, possa essere un male minore. Tutto quanto è basato sulla violenza è assurdo e inutile, non ha futuro.
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