31/08/07

Il caso milanese: per errore muore il feto sano


La drammatica vicenda dell’aborto selettivo sbagliato si è consumata nel noto centro ospedaliero di San Paolo, a Milano. Una donna di trentotto anni, con un figlio, scopre di essere nuovamente incinta: due gemelli. Al terzo mese l’amniocentesi rivela però che uno dei due feti nascerà con sindrome di Down. Da qui la decisione sofferta della madre di ricorrere alla pratica dell’aborto selettivo. Un aborto che è stato eseguito da Anna Maria Marconi, esperta ginecologa del San Paolo. Il medico oggi ha purtroppo un bel da fare per giustificare al mondo quanto accaduto: nell’esecuzione dell’intervento, infatti, qualcosa è andato storto e a perdere la vita è stato anche il feto sano, che avendo preso la posizione di quello malato, è stato erroneamente eliminato.

La notizia ha sconvolto l’Italia e dirottato il dibattito sulla famosa legge 194, la legge sull’aborto ormai in vigore da trent’anni sia davvero accettabile. Si riaccende così, in seguito alla tragedia della morte dei due gemelli, la discussione sul tema dell’eugenetica, la disciplina volta al perfezionamento della specie umana attraverso la selezione e promozione dei caratteri fisici reputati positivi e l’eliminazione di quelli negativi. Ma, ancora una volta, le riflessioni etiche si trovano a dover passare dal capitolo delle morti ingiuste.

Il problema di fondo, oggi, è risolvere la questione. Le ‘Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza’ prevedono che una donna possa abortire entro novanta giorni dal concepimento. Scaduto questo tempo rimane la possibilità di aborto, entro e non oltre la ventiquattresima settimana, quando il parto può avere gravissime conseguenze per la vita della donna, oppure quando si accertano malformazioni del nascituro che potrebbero duramente danneggiare la salute fisica o psichica della madre.

D’accordo sul definire la legge un esempio di “eugenetica” è prima di tutti l’Osservatorio Romano, il giornale del Vaticano, che scrive: “Nessun uomo ha diritto di sopprimere un'altra vita. Nessun uomo ha il diritto di sostituirsi a Dio. Per nessuna motivazione. Eppure innocenti continuano a morire”. 'E' l'eugenetica, secondo il quotidiano, "che impone le sue leggi. ''E' la cultura della perfezione che impone di escludere tutto ciò che non appare bello, splendente, positivo, accattivante. E quello che si apre è il vuoto, il deserto di una vita priva di contenuti anche se confezionata a perfezione''. E conclude: “Purtroppo il timore è che una politica troppo presa da sciocchezze varie finisca per definire sciocchezze, come è suo costume talvolta, quelle che sono, o che possono tramutarsi, in disperanti tragedie”.

Intanto anche Paola Binetti, senatrice della Margherita, definisce quanto accaduto un “aborto eugenetico e non terapeutico”, come invece lo definisce la legge 194. Spiega infatti che è mancata la “selezione”, forza naturale e innegabile, alla base del funzionamento della vita. E il problema non è tanto dei medici che hanno praticato l’aborto, dato che simili “errori sono prevedibili”, quanto della “non accettazione di un bambino down”. Ma sbaglia quando mette in campo la revisione della legge 194: proposta che si limiterebbe a contrapporre gli schieramenti politici senza possibili risultati.

Di diverso avviso sono invece le posizioni del ministro della salute, Livia Turco, che accusa duramente i medici del San Paolo, parlando di “un gravissimo errore umano”. Per la Turco “i casi di aborto in una gravidanza gemellare sono rarissimi in Italia e a chiamarli selettivi non è certo la legge che parla piuttosto di aborto terapeutico”. E quelle norme del 1978 sono a suo avviso “molto sagge, in quanto hanno permesso di trovare un giusto equilibrio, riducendo i casi di aborto negli ultimi trenta anni”.

Dalle accuse della Turco, il medico che ha praticato l’intervento, Anna Maria Marconi, si difende dicendo che “l’errore era del tutto imprevedibile”. Infatti, secondo il ginecologo, sarebbe stato impossibile prevedere lo spostamento dei feti. “Per saperlo – spiega- l’unica possibilità sarebbe stata monitorare costantemente con una sonda la pancia della donna. Una soluzione concretamente non percorribile”.

Anche il ginecologo, Silvio Viale, radicale e padre sperimentatore della pillola abortiva Ru486, prende le difese della Marconi e afferma che: “Si cerca di intimidire i medici che permettono l’applicazione della legge 194”. A suo avviso, il vero problema è che l’aborto viene “regolato ai margini della sanità”. E dell’Italia dice che è un Paese “ipocrita, dove si parla di aborti eugenetici in modo strumentale: sono tutti eugenetici gli aborti terapeutici a causa di malformazioni”. Ancora, aggiunge: “In questi casi entra in gioco il libero arbitrio. E in un paese cattolico penso che il libero arbitrio sia una prova per chiunque”.

Il dibattito non si ferma a questo. A parlare è anche Claudio Giorlandino, presidente della Sidip (Società italiana di diagnosi prenatale e medicina materno-fetale), che spiega come l'aborto selettivo sia “una pratica rischiosa per la madre e per entrambi i feti”. E “purtroppo, dopo la legge 40 sulla fecondazione assistita, in Italia questa pratica sta divenendo più frequente”.

Insomma, si apre un dibattito controverso scaturito da un errore che ha portato alla morte di due feti, futuri bambini solo perchè uno dei due sarebbe nato con la sindrome di Down.

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